13 Aprile 2021

“Il vaccino è un bene comune. Non è tardi per sospendere l’efficacia dei brevetti”

Di NS
Parla il deputato e segretario di SI Fratoianni: “La decisione del Wto è rinviata, la partita è aperta”. E il programma Covax? “E’ importante, ma insufficiente”

di Paola Alagia

Se c’è in Parlamento una voce che si è levata per porre il tema dell’accessibilità dei vaccini in tutto il mondo è senza dubbio quella di Sinistra italiana. Il suo segretario, il deputato Nicola Fratoianni, infatti, ha presentato in Aula una risoluzione sul tema. E' successo il 24 marzo scorso, in occasione delle comunicazioni del premier Draghi in vista del Consiglio europeo. L’intento? Era quello di impegnare il governo a “sostenere la deroga temporanea prevista al Trips (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights, ndr) così come proposta dai governi di India e Sudafrica e consentire - si legge nel documento - in questo modo una più efficiente pluralizzazione della produzione e distribuzione vaccinale”. Solo che la risoluzione è stata respinta. Ma Fratoianni non si dà per vinto. Intervistato da Nursind Sanità, infatti, ha spiegato: “Non è tardi per sospendere tutti gli obblighi rispetto ai brevetti e ai diritti di proprietà intellettuale. C’è tempo anche perché il Wto nell’ultima riunione di metà marzo ha deciso di non decidere”. Non solo, ma il parlamentare di SI ha assicurato: “Tutte le volte che ci sarà la possibilità di tornare sul tema con iniziative parlamentari noi lo faremo”.

Fratoianni, una persona su quattro, in media, nelle nazioni avanzate ha ricevuto il vaccino contro il Covid, rispetto a una persona su più di 500 nei Paesi poveri. Il programma Covax zoppica?
Il programma Covax è importante, ma è insufficiente. La questione dell’accesso ai vaccini come bene fondamentale pone un grande tema di giustizia e di equità, ma anche di razionalità.

Si spieghi.
E’ del tutto evidente che, di fronte a un virus che muta, siamo tutti alle prese con le numerose varianti che cambiano i piani vaccinali e il nostro rapporto con la pandemia. Se ci sono intere aree del mondo nelle quali la campagna vaccinale non decolla per assenza di preparati, lì il virus continuerà a correre ed è più probabile che si si sviluppino nuove varianti. E magari anche che una di esse riesca ad aggirare la protezione vaccinale. In questo modo, tutti gli sforzi fatti nei Paesi ad alto e medio reddito verrebbero vanificati.

C’è una sorta di miopia da parte dei Paesi più sviluppati, troppo concentrati a guardare solo dentro i propri confini?
Non so se sia solo miopia. Quella che si è determinata è senza dubbio una scelta che ha delineato una subalternità nei confronti di Big Pharma. Mentre è ovvio che, di fronte a quello che sta accadendo nel mondo, le regole normalmente in vigore - quelle sui brevetti, sul profitto – siano del tutto incompatibili con la difese dell’interesse generale.

Quale strada andava percorsa, secondo lei?
Sarebbe stato necessario un approccio completamente diverso con le grandi multinazionali. Che hanno, peraltro, beneficiato in modo massiccio di fondi pubblici nella ricerca del vaccino. Un finanziamento anche della ricerca privata che trovo giusto proprio per accelerare sul fronte dei vaccini. Il punto non è questo.

E qual è?
Il punto è che, non solo a fronte di questo finanziamento ma più in generale a fronte della situazione che stiamo vivendo, sarebbe stato necessario considerare i vaccini un bene comune e fruibile da tutti. Per questo ritengo sia prioritario – e non è tardi per farlo- sospendere l’efficacia dei brevetti. E, quindi, attivare quegli strumenti, tra l’altro previsti dai Trattati sul libero commercio nell’ambito del Wto, proprio per le situazioni di emergenza.

Lei dice che non è tardi. Perché?
Il motivo è semplice: l’intera popolazione mondiale avrà a che fare con i vaccini per molto tempo nel prossimo futuro. Non solo. Dico che c’è ancora tempo, poi, perché il Wto nell’ultima riunione di metà marzo ha deciso di non decidere sulla questione riproposta innanzitutto da India e Sudafrica, capofila nella richiesta di applicazione delle norme sulla sospensione dei brevetti. In quell’occasione, infatti, per l’opposizione dei Paesi più forti e della stessa Commissione europea, con il consenso anche del Governo italiano, si è sostanzialmente rinviata una decisione.

Sta dicendo che la partita è aperta, quindi?
Resta aperta, senza dubbio. E sono numerose le iniziative a livello europeo. Penso per esempio alla campagna “Diritto alla cura – Right2cure vaccini e farmaci per tutti” che ha tra i suoi promotori Vittorio Agnoletto e alla quale ha aderito Sinistra Italiana. Poi, non c’è dubbio che tutte le volte che sarà possibile tornare a battere sul tema anche con iniziative parlamentari noi lo faremo.

Che giudizio dà del colloquio, anche sul tema vaccini, del ministro degli Esteri Luigi Di Maio con il segretario di Stato Usa Antony Blinken?
L’incontro tra Di Maio e Blinken mi pare che abbia prodotto poco più che una serie di buone intenzioni. Il che è meglio rispetto a uno scenario di cattive intenzioni. Ma qui stiamo. Non c’è nulla di più.

Anthony Fauci, direttore dell’Istituto nazionale malattie infettive Usa, ha chiarito nei giorni scorsi che una volta vaccinata la popolazione americana si prenderà in considerazione l’ipotesi di donare i preparati ai Paesi che ne hanno bisogno. C’è da fidarsi delle intenzioni dell'amministrazione Biden?
Sulla prospettiva, voglio credere che le parole di Fauci siano affidabili. Ma il punto vero è che non ci si può affidare esclusivamente alla benevolenza dei Paesi più forti e alla loro disponibiità a forme di cooperazione. Bisogna lavorare perché sia sempre più diffusa capillarmente la possibilità di produrre vaccini da parte dei singoli Paesi. So bene che non basta avere i brevetti. Tutti siamo consapevoli che non c’è nessun automatismo con la produzione dei vaccini. Ma intanto sarebbe un passo avanti. E aiuterebbe molto.

Che partita stanno giocando Russia e Cina?
La partita in generale non riguarda solo Cina e Russia. E' in corso una battaglia geopolitica ed economica. I vaccini sono il terreno fertile purtroppo di una gigantesca sfida globale che coinvolge tutti gli attori principali. Parliamo dell’arma più potente oggi a disposizione. Per cui è evidente che detenerla significa conquistare un ruolo di potenziale egemonia sulla scena globale.

Manca all’appello la Commissione europea. Sulla questione dell’accessibilità dei vaccini, che voti le dà?
Su questo fronte ha mostrato una grande fragilità e subalternità. Il mercato ancora una volta ha fatto la parte del leone. Ribadisco, non ho nulla contro l’impresa privata, ma penso che in un contesto come quello in cui ci troviamo queste logiche sarebbero dovute passare in secondo piano. E ciò purtroppo non è accaduto.

Le grosse aziende farmaceutiche però le risponderebbero che la tutela della proprietà intellettuale è fondamentale anche come sprone alla ricerca e agli investimenti. Come la mettiamo?
Tale argomento in questo contesto è del tutto inaccettabile. Siamo di fronte a una pandemia mondiale che sta mietendo milioni di vittime e mettendo in ginocchio l’economia globale. E’ un’emergenza di assoluta rilevanza che 'stra-giustifica' ogni eccezione alle normali regole del gioco. Aggiungo, poi, un altro dettaglio non da poco.

Cioè?
Che stiamo parlando di un contesto nel quale la ricerca e la capacità di innovazione sono state, ribadisco, anche il frutto di una enorme disponibilità di investimento. Cosa buona e giusta. Ma sarebbe altrettanto giusto che i governi, a cominciare dal nostro, avviassero finalmente una politica in controtendenza, rispetto alle risorse decisamente scarse degli ultimi decenni, sulla ricerca di base. Anche per essere in grado di dare risposte ai problemi che si parano davanti. Come la pandemia ci ha insegnato.

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