18 Maggio 2021

Tempi e logistica dei richiami in vista dell’estate, le nuove sfide del Piano vaccini

Di NS
La campagna di immunizzazione non va in ferie. Ecco i nodi da sciogliere

di Paola Alagia

Nell’Italia che riapre, tra allentamento progressivo del coprifuoco - destinato a sparire il prossimo 21 giugno -, centri commerciali a pieno regime nei fine settimana e ripresa graduale delle attività sportive, i nodi da sciogliere in vista dell'estate riguardano ancora il Piano vaccini. E’ vero che sono in arrivo nuove dosi - ne sono state annunciate almeno 20 milioni a giugno -, ma ancora è nebbia fitta sulla tempistica dei richiami. Farli sittare più avanti nel tempo consentirebbe di raggiungere l'obiettivo di coprire una fetta maggiore della popolazione almeno con una prima dose. Al momento sono 19 milioni gli italiani ai quali ne è stata somministrata una soltanto mentre sono 8,7 quelli che hanno già fatto anche il richiamo.
Il Comitato tecnico scientifico starebbe valutando proprio un ulteriore dilazionamento per la somministrazione della seconda dose di Pfizer e Moderna oltre i 42 giorni, rispetto ai 21 e 28 già previsti. Mentre su Astrazeneca l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa)  aveva già raccomandato la somministrazione della seconda dose "idealmente nel corso della 12ma settimana (da 78 a 84 giorni)”.

L’ipotesi dunque è sul tavolo, ma il dibattito è ancora in corso. Anche perché le posizioni divergono. Proprio all’interno del Cts, per esempio, è stato Sergio Abrignani, immunologo dell'università Statale di Milano, a rimarcare come ad oggi non ci sia “motivo di estendere ancora di più il richiamo”. Secondo Abrignani, “non c'è questa necessità perché abbiamo abbondanza di vaccini”. Anche Armando Genazzani, membro italiano del Committee for medicinal products for human use dell’Ema, è dello stesso avviso. Dalle colonne del Messaggero, infatti, ha spiegato: “Per ora non sappiamo l’efficacia dei vaccini se si allungano i tempi previsti”. In attesa che gli studi in corso si concludano, quindi, “meglio che le persone che hanno fatto la prima dose completino il ciclo vaccinale”. Sulla decisione finale potrebbero pesare, inoltre, proprio nuovi dati scientifici in base ai quali la somministrazione della seconda dose di Pfiser a tre mesi darebbe una protezione tripla soprattutto sui soggetti più anziani.

Quello dei richiami, tuttavia, non è solo un problema di tempistica. C’è anche una questione di logistica da affrontare. Con le vacanze alle porte, infatti, ci sarà da scongiurare il rischio per i vacanzieri di saltare la seconda dose se lontani da casa. Tema sul quale i governatori delle Regioni a maggiore vocazione turistica si stanno già muovendo. Ultimo il Veneto ieri che ha dichiarato la sua disponibilità a somministrare la seconda dose pure ai turisti. E’ evidente, dunque, che prolungare il richiamo sarebbe la strada più semplice da questo punto di vista. Molto più complesso far dialogare le diverse banche dati perché i cittadini possano essere immunizzati in una Regione diversa da quella di residenza. A mettere un punto "alle fughe in avanti", comunque, è stato il commissario straordinario Francesco Figliuolo: "E' bene - ha detto - che chi va in vacanza si regoli in funzione dell'appuntamento" con il vaccino.

Sul Piano vaccinale infine incombe un altro dubbio. Anche questo da sciogliere: è possibile passare da un vaccino ad un altro tra la prima e la seconda dose? La questione si era posta all’attenzione già dopo i ritardi nelle consegne delle dosi di Astrazeneca e dopo l’allarme legato all’insorgenza di alcuni casi di trombosi. Una prima, seppure provvisoria, risposta è arrivata dai risultati dello studio Com.Cov che l’Università di Oxford sta portando avanti in Gran Bretagna su 830 volontari dai 50 anni in su e un cui estratto è stato pubblicato in una lettera su Lancet. Che cosa è emerso fino a ora? Che la somministrazione di un mix di vaccini Pfizer e Astrazeneca può produrre effetti collaterali lievi e moderati nei pazienti. Si tratta di reazioni avverse di breve durata e, sempre secondo la sperimentazione, che non comportano “problemi di sicurezza”.

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