23 Marzo 2023

Payback: il Governo tenta la quadra, ma le aziende temono il pasticcio

Occhi puntati sulla scadenza prorogata al 30 aprile e sul Documento di economia e finanza. Ma Confindustria mette le mani avanti: “No a disparità tra imprese che altererebbero la concorrenza”

Di U.S.V.

Ora la data cerchiata sul calendario è il prossimo 30 aprile: la proroga di quattro mesi è servita a dare un po’ di respiro, ma il macigno del payback sanitario è lì all’orizzonte e le imprese di dispositivi medici non ci stanno a pagare quella che definiscono “una tassa” da 2,2 miliardi di euro, coprendo i buchi delle Regioni per gli anni 2015-2018 e 2019-2022. Il Governo, dal canto suo, sta cercando le risorse per tenere insieme tutto e contemperare gli interessi contrapposti degli enti intermedi da una parte, che contano su quei soldi per non tagliare le prestazioni legate alla salute, e dell’industria di settore dall’altra, che invece minaccia conseguenze pesantissime e chiede la cancellazione tout court del payback.

Gli occhi sono puntati sul prossimo Def (Documento di economia e finanza), nel quale l’esecutivo Meloni dovrebbe far quadrare le cifre. Ma la sensazione diffusa e il timore delle aziende è che la copertura non sia totale. Da Confindustria dispositivi medici mettono le mani avanti e in una lettera inviata ai ministri dell’Economia e della Salute, Giancarlo Giorgetti e Orazio Schillaci, avvertono: “Giungono voci secondo cui se non si riuscisse a reperire l’intera somma, la quota mancante resterebbe a carico delle imprese del settore, in particolare delle grandi, poiché le piccole e medie verrebbero esentate; secondo un’altra versione, l’onere del pagamento verrebbe ripartito in proporzione agli utili e non invece al fatturato. Non sappiamo quanto fondamento abbiano tali ipotesi, ma ci preme evidenziare le profonde criticità che ne conseguirebbero nel caso in cui riterreste queste opzioni perseguibili”.

Per Massimiliano Boggetti, presidente della sigla confindustriale, entrambe le soluzioni “produrrebbero una disparità di trattamento profondamente iniqua, con ogni probabilità anticostituzionale, che genererebbe una profonda alterazione della concorrenza, nonché ulteriori contenziosi legali”. Poi spiega: “Far pagare l’eventuale rimanenza in base agli utili significherebbe colpire le sole aziende sane, quelle che crescono nonostante le difficoltà del momento, creano posti di lavoro e dunque generano benessere economico per la società. In alternativa, scaricare principalmente sulle grandi aziende l’onere di pagare significherebbe non solo far gravare su pochi un onere che accelererebbe la fuga di queste imprese dal nostro Paese, ma anche una inevitabile crisi dei distributori locali, aziende che distribuiscono in Italia prodotti di multinazionali estere”.

Stando ai calcoli delle imprese di settore, l’Italia spende 107 euro per ogni cittadino in dispositivi medici, contro una media europea di oltre 260 euro. È il segnale di una sanità poco finanziata e di servizi della salute scarsamente efficienti. Ma il rischio connesso al payback, secondo Confindustria, è quello di andare verso un Ssn sempre più povero, con standard distanti dal comparto privato delle cure, sfornito di apparecchiature diagnostiche avanzate e del supporto tecnico necessario a far funzionare i dispositivi medici più sofisticati. Un servizio svolto con strumenti obsoleti a causa della fuga delle aziende migliori a beneficio di operatori di rango inferiore dal punto di vista della qualità dei prodotti e delle risorse professionali. Un fenomeno che rischia poi di ripercuotersi sull’aggiornamento e le competenze degli operatori sanitari, in primis medici e infermieri, con ricadute sulla sicurezza dei pazienti.

Allarmismo eccessivo? Di sicuro il Governo sta tentando una rimodulazione, ma far quadrare i conti non sarà una passeggiata. Ancora una volta, sul banco degli imputati vanno le Regioni che non sono state in grado di programmare, di calibrare le previsioni di acquisto di materiali sanitari, i cosiddetti forecast budget, e poi hanno tappato i buchi con forniture extra per non bloccare le prestazioni. Morale? Ne esce leso, ancora una volta, il principio del legittimo affidamento nei comportamenti della Pa.

 

 

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