14 Novembre 2023

Manovra e sanità, duro anche l’Upb: “Non si coprono nemmeno le spese”

L’Ufficio parlamentare di bilancio in audizione: “Ulteriori difficoltà potrebbero sorgere in relazione alle carenze di personale”. Giorgetti prova a rassicurare: “I fondi cresceranno”

Di NS

Arrivano le audizioni in Parlamento e non mancano le critiche alla legge di Bilancio. Molti degli strali, peraltro, riguardano proprio la sanità e il rischio definanziamento che, secondo molti osservatori, mette ormai a repentaglio l’erogazione stessa dei servizi essenziali. I numeri assoluti sbandierati qualche settimana fa dalla premier Giorgia Meloni (“quasi” 136 miliardi di euro per il Fondo sanitario nazionale "quest'anno") e dal ministro della Salute Orazio Schillaci (5,6 miliardi sommando gli stanziamenti delle ultime due manovre) non hanno convinto ad esempio istituzioni primarie come Bankitalia, Corte dei conti o Ufficio parlamentare di bilancio, che definiscono le somme in gioco neanche sufficienti a recuperare l’aumento dei costi legato alla fase di iper-inflazione.

Il titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ci ha provato oggi, di fronte alle commissioni Bilancio di Senato e Camera, a difendere il governo e a tranquillizzare: “Sulla sanità e sul tetto di spesa credo si apra un piccolo spazio per quanto riguarda l'incremento dei numeri”, ma intanto, ha aggiunto, i fondi per l’Ssn “continueranno a crescere nel tempo” e si affronta, a suo dire, in legge di Bilancio il vecchio problema delle liste d’attesa che sono "una priorità del governo", perché l’esecutivo “ritiene assolutamente necessario garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini". Un problema che "affligge da molti anni il nostro sistema ed è sensibilmente peggiorato" durante la pandemia, determinando "un arretrato di prestazioni senza precedenti", chiosa Giorgetti. 

L’esponente della Lega snocciola poi numeri in dettaglio: “Si incrementa il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, di competenza dello Stato, per un importo di 3 miliardi per il 2024, 4 miliardi per il 2025 e 4,2 miliardi annui a decorrere dal 2026". Di conseguenza, "le risorse a disposizione del servizio sanitario continueranno a crescere nel tempo, con un finanziamento di 134 miliardi nel 2024, 135,4 miliardi nel 2025 e 135,7 miliardi nel 2026", spiega il ministro.

L’Ufficio parlamentare di bilancio, tuttavia, in Senato ha replicato duramente: “Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale per il 2024 potrebbe non coprire integralmente le spese, tenendo conto del costo delle misure previste” dalla legge di Bilancio, “compreso l'incremento del tetto sulla spesa farmaceutica diretta, dell'applicazione dei nuovi Lea e del contenzioso delle imprese sul pay-back". L’ente indipendente che fa da sentinella sui conti ha aggiunto: "Ulteriori difficoltà, in tutto il periodo di programmazione, potrebbero sorgere in relazione alle carenze di personale e all'impatto di eventuali nuove pressioni dei prezzi dei beni energetici sul settore sanitario".

Concetti in linea con quelli già espressi, seppur in modo più morbido, dalla Corte dei conti. Per il presidente Guido Carlino, infatti, gli stanziamenti in favore della sanità “sono certamente rilevanti” eppure “non sono sufficienti”. Non bastano, insomma, “a invertire il profilo riflessivo già disegnato nel quadro tendenziale. I vincoli che si porranno in futuro sul fronte della spesa portano a guardare con preoccupazione al rinvio, nell'individuazione di soluzioni più strutturali ai problemi del nostro sistema sanitario”.

Anche la Banca d’Italia, come accennato, aveva lasciato poco scampo al Governo: “Le tendenze illustrate nella Nadef e l'aumento del finanziamento al Servizio sanitario nazionale indicano che la spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil nel prossimo triennio diminuirebbe gradualmente, al di sotto del livello medio nel quinquennio precedente la pandemia (6,5%)”. Quindi, secondo Palazzo Koch, “in prospettiva, l'invecchiamento della popolazione italiana, tra i più pronunciati al mondo, e l'associata diffusione di patologie croniche genereranno ulteriori pressioni per un incremento dell'offerta pubblica di prestazioni sanitarie”.

Non solo, per Bankitalia “il potenziamento della medicina territoriale, ossia l'erogazione di prestazioni al di fuori degli ospedali da parte di medici e pediatri di base, ambulatori e consultori, potrebbe avere un impatto favorevole sulle condizioni di salute della popolazione più fragile e sui costi complessivi della sanità pubblica. Questa evoluzione è una delle linee prioritarie di intervento nella missione del Pnrr dedicata alla salute”. Il problema è che la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha già subito un ridimensionamento degli obiettivi e continua tuttavia ad arrancare. Se il buongiorno si vede dal mattino.

 

 

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