11 Giugno 2024

Menopausa, "Farmaci troppo cari per le terapie sostitutive”

Passati dalla fascia A alla C. Medici e pazienti a Nursind Sanità: “Servono cure personalizzate ma gli aumenti di prezzo arrivano al 130%” . La replica di Aifa: "Protocolli ancora controversi"

Di Barbara Laurenzi
Julio César Velásquez Mejía

Da totalmente gratuiti a totalmente a carico del paziente. È la brusca inversione a "U" registrata dai farmaci utilizzati nelle Tos, le terapie ormonali sostitutive, adottati per alleviare i sintomi della menopausa e nell’ambito dei percorsi ormonali di affermazione di genere, declassati in larga parte dalla fascia A alla C. La decisione è arrivata lo scorso febbraio, appena quattro anni dopo le due delibere dell’Aifa che avevano invece reso completamente gratuite le terapie ormonali a tutta Italia. E subito dopo la riforma dell’Agenzia stessa, entrata in vigore il 30 gennaio 2024. Un cambio di rotta che suona come un’ingiustizia per i tanti pazienti che, adesso, si ritrovano a far fronte a un impegno economico spesso elevato. A denunciarlo a Nursind Sanità diversi medici ginecologi e associazioni di pazienti che chiedono si torni indietro su questa scelta. Il giornale ha deciso di raccogliere l’appello, raccontando la storia di chi si trova in prima persona a dover fronteggiare questo cambio nelle politiche farmacologiche.

"Da marzo 2024 gran parte dei medicinali prima impiegati nelle terapie ormonali sostitutive è diventato a pagamento. Un problema che, in Italia, riguarda una platea di circa 3 milioni e mezzo di donne che si trovano in uno stato di menopausa. Ci tengo a specificare che questo numero tiene conto anche di coloro che sono entrate in menopausa anticipata a causa di un intervento chirurgico o di una patologia oncologica", denuncia la dottoressa Anna Paola Cavalieri. Ginecologa con un dottorato di ricerca in Psiconeuroendocrinologia della riproduzione e della sessualità, si occupa di menopausa da oltre 25 anni. "Ogni donna merita una terapia sostitutiva costruite su misura per lei",spiega l’esperta che aggiunge: "Anche se alcuni, pochi, farmaci sono rimasti in classe A, il problema c’è ed è grande".

“Noi ginecologi ci troviamo in difficoltà perché non sempre questi prodotti passati in fascia C hanno un equivalente e, anche quando c’è, non può andare bene per tutti i casi. Perché bisogna avere presente che non tutti i farmaci sono interscambiabili né possono essere sostituiti da un mese all’altro, se diventano irreperibili", prosegue. Per poi rimarcare: "Alcune persone rispondono solo ed esclusivamente a certi specifici prodotti. La sostituzione con un altro farmaco estrogenico, quindi, potrebbe non risultare efficace. Una terapia ormonale non è facilmente modificabile perché è personalizzata sulla paziente, che tiene conto di caratteristiche e necessità individuali. A volte si arriva alla scelta della terapia giusta dopo diversi tentativi, con una risposta e un’efficacia terapeutica molto variabili, rendendo quindi non agevole una sua eventuale modifica".

 

 

Cavalieri ricorda inoltre che "studi recenti hanno confermato come la Tos con estrogeni e progestinici riduca il rischio di tumore dell'endometrio e non aumenti il rischio del tumore all'ovaio". Proprio in questi giorni, infatti, nel corso del congresso dell’American Society of Cancer Oncology di Chicago, sono stati resi noti i risultati di uno studio clinico condotto negli Stati Uniti su oltre 20mila donne nell’arco di molti anni. Secondo il report, il rischio di sviluppare un tumore dell'endometrio si è dimostrato ridotto tra coloro che, negli anni Novanta, hanno fatto uso della terapia ormonale sostitutiva per la menopausa a base di estrogeni e progestinici. A destare perplessità tra medici e pazienti è anche il diverso trattamento riservato alle Tos a base di testosterone, adottata nell’uomo per trattare patologie associate con uno squilibrio degli androgeni. Queste terapie, infatti, non hanno subito un declassamento.

Quanto l’aumento dei costi pesi non solo sulle tasche, ma anche sull’aspetto emotivo, lo sanno bene i pazienti. Come, ad esempio, Laura Daphne Marziali, attivista in oncologia, disabilità, diritti e menopausa precoce: "A fine mese spendo circa 150 euro solo in farmaci per la terapia ormonale e il percorso post oncologico", racconta a Nursind Sanità, spiegando la sua storia. "In passato ho avuto un tumore ginecologico e sono entrata in menopausa precoce. Ho impiegato quasi un paio di anni per mettere a punto, con la mia ginecologa, la terapia ormonale sostituiva giusta, con un combinato disposto che prevedeva il Sandrena (che è uno dei farmaci più usati perché, essendo in gel, non impatta sul fegato, ndr). Due mesi fa vado in farmacia e scopro che, da gratuito, è diventato a pagamento. Avendo anche un linfedema alle gambe, devo sostenere ulteriori spese e arrivo a circa 500 euro di riabilitazione al mese".
"In pratica, gran parte del mio stipendio se ne va in farmaci per la riabilitazione", si sfoga ancora sottolineando come nel suo caso la terapia ormonale sia "salvavita". "Inoltre, ho di fronte una spesa a lungo termine dal punto di vista temporale, perché al momento non è prevista una scadenza. Io almeno questi farmaci posso pagarli, ma chi non se li può permettere?”, si chiede l’attivista, che rimarca: “Alla mia storia personale come paziente, si aggiunge quella delle tante segnalazioni che sono arrivate da persone in difficoltà alla nostra associazione di volontaria oncologico 'C’è tempo'".

L’attivista prosegue: "Oltre a non essere più dispensabile a carico del Ssn, da febbraio il Sandrena ha subito un incremento del 130% del prezzo originario. Siamo di fronte a una marginalizzazione farmacologica che determina di fatto una difficile accessibilità terapeutica e una vera e propria discriminazione verso le donne in menopausa che potrebbero necessitare di Sandrena. A chi dice che non è l’unico farmaco, rispondo che anche gli altri sono diventati a pagamento e che, soprattutto, alcune persone rispondono solo a quel farmaco, ad esempio per me la sostituzione con altri non risulta efficace".

Interpellata da Nursind Sanità sulle motivazioni alla base del declassamento dei farmaci utilizzati nelle Tos, sulla possibilità che si torni indietro e sulle responsabilità di tale scelta, Aifa ha risposto con un documento, "degli uffici tecnici", in cui afferma che "la terapia ormonale sostitutiva è da decenni al centro di controversie scientifiche". Secondo l’Agenzia italiana del farmaco, "la pubblicazione nel 1998 dello studio WHI e di studi successivi ha aperto nella comunità scientifica un dibattito su indicazioni, limiti e rischi della Tos, dibattito che è ancora in corso". "Pertanto, in attesa di prove robuste a sostegno della positività del rapporto beneficio/rischio, la Tos è stata classificata in classe di rimborsabilità C, ossia a carico del cittadino".

Il documento dell’Aifa conclude dicendo che "la Tos andrebbe riservata alle donne che sono entrate in menopausa a meno di 45 anni, ossia in menopausa precoce, a coloro che soffrono di vampate di calore, sudorazioni e risvegli notturni, percepiti come importanti e duraturi e a coloro che vivono la menopausa in maniera negativa, e desiderano assumere la terapia dopo aver ricevuto informazioni dal medico su benefici e danni del trattamento". Per quale motivo queste donne debbano ritrovarsi a pagare dei medicinali che prima ricevevano gratuitamente, però, non è dato saperlo.

 

 

 

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