Metà dei pazienti fa fatica a seguire le prescrizioni mediche
L'aderenza terapeutica è condizionata da diversi fattori. Pesano l'età, le condizioni socio-economiche e gli stili di vita. Anche le comorbidità influiscono sulla costanza nelle terapie. L'indagine condotta da Cittadinanzattiva
Solo la metà dei cittadini, in cura per una o più patologie, segue le terapie in modo costante ed appropriato. L’altra metà si divide fra chi, in maniera preponderante, le salta raramente (35,6%) e chi occasionalmente (11,5%). Un residuo 1,5% non le segue con alcuna costanza. Il profilo dei pazienti “non aderenti” è rappresentato principalmente da persone fragili e anziane, con basso livello socio-culturale, spesso sole o comunque con scarso supporto familiare. A pesare sulla non aderenza contribuisce molto anche la comorbidità, ossia la presenza di due o più patologie.
Sono questi alcuni dei risultati che emergono dalla “Indagine civica sull’aderenza terapeutica: un piano d’azione comune”, presentata oggi da Cittadinanzattiva e che ha coinvolto target eterogenei, rappresentati da un totale di 547 fra pazienti e presidenti di associazioni di pazienti e da ben 2228 professionisti sanitari. Il target è così composto: 502 pazienti, 45 presidenti delle associazioni di pazienti, 74 medici di medicina generale, 165 medici specialisti, 194 Infermieri, 1590 farmacisti di comunità, 205 farmacisti ospedalieri.
I FATTORI CHE PESANO SULL'ADERENZA ALLE TERAPIE
“L'aderenza terapeutica è un fenomeno complesso e multifattoriale e, in quanto tale, necessita di interventi personalizzati e allo stesso tempo strutturali per garantire l’efficacia delle cure e quindi la qualità di vita dei pazienti. Interventi che consentirebbero di contenere le spese economiche derivanti dalla scarsa aderenza alle terapie, stimate in circa 2 miliardi di euro l’anno per il Servizio Sanitario Nazionale”, dichiara Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. “Quanto e come il cittadino segua con costanza le terapie, siano esse farmacologiche e non - prosegue - è condizionato da numerosi fattori, di carattere anagrafico, sociale, economico, di stili di vita. E dunque, accanto ad interventi di sistema finalizzati a integrare un modello di rete coordinato, di prossimità, supportato da strumenti digitali e capacità organizzativa, occorre puntare molto sul tempo che i professionisti possono dedicare al paziente e ai suoi caregiver”.
LE PATOLOGIE PREVALENTI
Fra i cittadini che hanno risposto al questionario, oltre la metà è affetta da patologie di tipo metabolico, da patologie reumatologiche (39,1%) e cardiovascolari (29,1%). Si tratta di ambiti che, per natura, richiedono trattamenti continuativi e spesso complessi, con un impatto rilevante sulla gestione quotidiana della terapia. In particolare ciò è vero per chi convive con più patologie, un target che, all’interno del campione di riferimento, è rappresentato dai due terzi dei cittadini.
IL 28% DEI PAZIENTI SOFFRE LA SENSAZIONE DI DIPENDENZA DAL FARMACO
La quota più ampia di pazienti intervistati (38%) interpreta l’aderenza come rispetto puntuale delle indicazioni mediche, il 18% come un fattore di consapevolezza e responsabilità personale, mentre il 15% come conseguenza diretta della relazione medico-paziente, basata sul dialogo, fiducia, confronto e collaborazione.
Fra le motivazioni che portano a non seguire la terapia prevalgono, a detta dei pazienti, aspetti psicologici e percettivi: il (28,3%) soffre la sensazione di dipendenza dal farmaco, mentre la pigrizia o mancanza di motivazione (20,8%) e la percezione di non essere in pericolo reale (20,2%) contribuiscono a una riduzione dell’aderenza.
IL PROFILO DEI PAZIENTI NON ADERENTI
Interessante il profilo dei pazienti “non aderenti” fornito dai presidenti delle associazioni: quasi il 73% di questi ultimi afferma che sono maggiormente a rischio le persone fragili e anziane, quelle con basso livello socio-culturale (58,3%), chi vive in condizione di solitudine e di scarso supporto familiare (54,2%), a conferma del ruolo cruciale della rete sociale nel sostenere la gestione quotidiana della terapia. Rilevante anche la quota (45,8%) di chi sostiene che i pazienti con comorbidità siano quelli più a rischio.
Anche i professionisti intervistati confermano in gran parte le caratteristiche del paziente a maggior rischio di non aderenza: con percentuali superiori al 70%, lo individuano nelle persone sole o anziane, poco meno (con percentuali intorno al 65%) in soggetti con basso livello socio-culturale. La presenza di due o più patologie risulta essere un fattore importante ma meno rilevante degli altri rispetto al rischio di non seguire correttamente le terapie: ad indicarla è circa un terzo del campione dei medici di medicina generale e degli infermieri, oltre la metà dei farmacisti ospedalieri e degli specialisti.
IL RAPPORTO TRA ADERENZA TERAPUETICA E DIALOGO MEDICO-PAZIENTE
Fra le priorità indicate dai presidenti delle Associazioni, emerge sicuramente il rafforzamento della comunicazione medico-paziente (22%), il coinvolgimento strutturato delle Associazioni nei percorsi assistenziali (18%), la necessità di educazione terapeutica e informazione capillare (16%), il bisogno di formazione e supporto ai caregiver e ai volontari (12%), riconosciuti come attori centrali nei percorsi di aderenza.
Anche i cittadini, al fine di migliorare l’aderenza terapeutica, chiedono prima di tutto più dialogo con il medico curante (36,1%) e un maggiore supporto pratico, sia digitale sia analogico (35,6%). Un altro quarto dei rispondenti manifesta il bisogno di confronto con altri pazienti (26,1%) e di un maggiore coinvolgimento di altri professionisti sanitari — infermieri, farmacisti, operatori di prossimità (25,2%), vedere miglioramenti tangibili (24,9%). Il bisogno di un supporto motivazionale è indicato dal 19,9%.
I pazienti chiedono dunque un supporto personalizzato, che combini: una relazione più stretta e continua con il medico; strumenti concreti per la gestione quotidiana; un accompagnamento motivazionale e relazionale non necessariamente clinico.
IL PUNTO DI VISTA DEI PROFESSIONISTI SANITARI
In linea con quanto richiesto da cittadini ed associazioni è il dato, fornito dai vari professionisti sanitari, relativo alla mancanza di tempo dedicato al dialogo che emerge come critico nella scarsa aderenza terapeutica: a dirlo è oltre la metà degli infermieri (53,2%), quasi la metà dei medici di medicina generale (45,9%) e dei farmacisti ospedalieri (48,5%), oltre un terzo (35,3%) dei medici specialisti. Colpisce in positivo il dato dei farmacisti di comunità che, al contrario, solo in un caso su cinque (21%) dichiarano di aver poco tempo per il dialogo.
Sicuramente carente, dal punto di vista dei professionisti, l’interazione con gli altri colleghi: a dirlo in particolare è oltre il 75% dei Mmg, il 65% dei farmacisti di comunità, il 63% degli infermieri.
La scarsa formazione dei professionisti sul tema dell’aderenza terapeutica risulta essere un elemento particolarmente condiviso tra gli infermieri (che lo indicano come tale nel 63%) e fra i MMG (in oltre un caso su due).
L'APPORTO DEGLI STRUMENTI DIGITALI
Molto da fare anche in termini di digitalizzazione. Il ricorso a strumenti digitali per monitorare l’aderenza terapeutica risulta più diffuso fra i Mmg (58,1%) e fra i farmacisti ospedalieri (42,6%) del campione. È invece ancora molto limitato tra gli specialisti - che in oltre l’88% dei casi dichiarano di effettuare il monitoraggio in larga parte attraverso strumenti tradizionali come i colloqui di follow-up - e fra gli infermieri - che li utilizzano in meno di un terzo dei casi - e fra i farmacisti di comunità che appena in un caso su quattro affermano di disporre di strumenti informatizzati per monitorare l’aderenza terapeutica.
Idem per la scarsità di protocolli strutturati finalizzati a questo: afferma di non disporne il 54% dei Mmg, il 63% degli infermieri e dei farmacisti ospedalieri, il 76,3% degli specialisti e dei farmacisti di comunità.
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