25 Marzo 2021

“Cinquecentomila vaccini al giorno? Si dovrà andare oltre"

Di NS
Intervista al vaccinologo Ieraci: “Il Lazio? Un modello”. E sul preparato Astrazeneca dice: “Sicuro ed efficace come gli altri autorizzati”

di Paola Alagia

Regioni che procedono in ordine sparso, ma soprattutto alcune che hanno trascurato anziani e soggetti fragili in favore di gruppi che vantano priorità contrattuali. E poi ancora il problema delle piattaforme informatiche di prenotazione e gestione delle convocazioni con la mancata adesione di molte al sistema Poste. Ieri, il j’accuse di Mario Draghi è stato molto duro. Chi non si è sentito affatto sfiorato dalla reprimenda è sicuramente il Lazio. La Regione, sin dalla prima ondata del virus, infatti, si è sempre distinta per buone pratiche. E lo stesso sta accadendo ora. Proprio di questo Nursind Sanità ha parlato con il vaccinologo Roberto Ieraci, referente scientifico dell’Asl Roma 1 e della Regione per la vaccinazione anti Covid. Oltre che del “modello Lazio”, però, l'esperto ha parlato col nostro giornale pure dei vaccini autorizzati e del perché, come ha spiegato, “quello AstraZeneca è sicuro ed efficace al cento per cento per prevenire Covid severo e grave, ospedalizzazioni e morti. Come tutti gli altri che hanno ricevuto il via libera degli enti regolatori”.

Ieraci, quindi, la sferzata di Draghi non vi tocca. Anzi, siete un modello. Qual è il segreto?
Non ci sfiora assolutamente. E il motivo è semplice: abbiamo costituito un modello avanzato anche grazie al percorso che sulle strategie vaccinali ci vede ormai protagonisti da anni. Noi ci siamo attenuti ai vari piani strategici nazionali, cercando di spingere al massimo e di utilizzare tutte le energie possibili, ma anche individuando in maniera chiara, come indicato dal governo, i soggetti da immunizzare per primi. Medici e operatori sanitari, pazienti delle Rsa, over 80 e soggetti altamente vulnerabili.

Ed è proprio guardando a questi ultimi, oltre che agli anziani, che Draghi si è fatto sentire.
Nel nostro caso, siamo partiti da un piano già di elevata sensibilità nei confronti di tali pazienti. Il Lazio è stata la prima Regione italiana che ha fornito una cornice istituzionale ai Centri vaccinali ospedalieri (Cvo). Oggi sono conosciuti da tutti a causa del Covid, ma per noi sono stati sempre una priorità.

Per quale ragione?
Perché i tassi di immunizzazioni nei confronti delle malattie prevenibili da vaccino nei soggetti iper-fragili (oncologici, trapiantati, immunodepressi ed immunosoppressi) sono veramente molto bassi sia per la difficoltà d’accesso di queste persone e sia per carenza culturale in questo campo specifico. Sono tra l’altro coloro che hanno più bisogno della protezione della vaccinazione perché hanno un sistema immunitario che, per certi aspetti, risponde meno.

Sta dicendo, in sintesi, che per il Lazio è stato più facile attenersi alle priorità indicate dal ministero della Salute?
Era un percorso già avviato. La Regione, infatti, aveva lavorato molto anche per la vaccinazione antinfluenzale, sia per quanto riguarda la sua appropriatezza e sia per quanto riguarda l’approvvigionamento. E, quindi, ci siamo mossi celermente, individuando i centri vaccinali nati all’interno degli ospedali per far sì, che con le liste  dei pazienti fragili, fornite dai Centri di riferimento, potessero essere più rapidamente vaccinati i soggetti vulnerabili. Diciamo che c’era già un tessuto rodato in questo campo. In più, abbiamo subito stretto un buon accordo con i medici di famiglia in modo da poter raggiungere pure i pazienti vulnerabili al di fuori dei circuiti ospedalieri, ai fini di una medicina di prossimità più incisiva.

Sul fronte delle prenotazioni, invece, vi affiderete al sistema Poste?
Noi abbiamo dato una nostra prova di gestione delle prenotazioni. Il sistema va molto bene attraverso mail e messaggistica. E la Regione ha lavorato dando indicazioni chiare anche sulle fasce d’età.

A tal proposito, uscendo dai confini del Lazio, è giusto questo criterio del piano nazionale di procedere per fasce d’età?
E’ una delle strade. Io sono per la flessibilità. Il modello israeliano e inglese ci dimostrano che le priorità non devono essere rigide, ma flessibili. Diciamo pure, però, come stanno le cose: si tratta di un problema contingente, legato al numero di dosi che spero prima o poi potremo lasciarci alle spalle. Se ne avessimo talmente tante da inondare il Paese, è evidente che queste problematiche verrebbero meno.

L’obiettivo indicato dal governo è arrivare a 500 mila somministrazioni al giorno. Le pare realistico?
E’ possibile se si utilizzano tutte le energie a disposizione. Non solo, quindi, le aziende sanitarie, ma anche l’Esercito, la Croce Rossa e il mondo del volontariato, come già indicato.

Ma, oltre che realistico, è praticabile?
Lo è. La vaccinazione è un atto sanitario semplice, routinario. Ovviamente, con determinati criteri che garantiscono la sicurezza dell’atto vaccinale stesso. E i vaccini somministrati in milioni di dosi fino ad ora ne sono la prova. Dimostrano che sono sicuri, ma anche facilmente somministrabili. Ecco perché questo deve essere l’obiettivo di tutto il sistema Paese. Non possiamo perdere ulteriore tempo, bisogna correre. Le dirò di più.

Prego.
Noi per ora abbiamo questa soglia delle 500 mila vaccinazioni al giorno, ma penso che si dovrà e potrà superarla. Il modello israeliano e inglese, ancora una volta, stanno dimostrando che più persone si vaccinano e più si riducono contagi e decessi. Il messaggio deve essere unico: ridurre le ospedalizzazioni e le vittime di Covid.

Si stanno chiudendo sempre più accordi per allargare la platea dei vaccinatori, dai farmacisti agli odontoiatri. Ma per la vaccinazione va comunque garantita la presenza di un medico. E’ così?
Deve essere garantita. Potrebbero esserci delle problematiche, seppur estremamente rare. Ecco perché occorre la supervisione medica. In generale, comunque, la pratica vaccinale è un lavoro di equipe. Con più operatori e più qualifiche professionali, tutte egualmente importanti.

Passiamo alla nota dolente di AstraZeneca. Lo stop and go, seppure temporaneo e precauzionale, sta pesando?
E’ evidente che ha pesato sulla credibilità dei vaccini. Solo chi non vive nel mondo della vaccinazione non si rende conto. Tutto quello che è successo nel 2014 con il ritiro dei vaccini antinfluenzali ha inciso per anni. Adesso ci vorrà tempo, bisognerà lavorare, con una comunicazione efficace ed incisiva, per far comprendere alle persone che si tratta di un vaccino sicuro ed efficace come gli altri. Queste sono le evidenze scientifiche stratificate. Ha fatto bene, quindi, Draghi a dire che si vaccinerà con AstraZenca. E hanno fatto bene Curcio e Figliolo a vaccinarsi con il vaccino anglo-svedese.

Serviva proprio questa battuta d’arresto o l’Italia ha sbagliato, mettendosi in scia della Germania?
E’ innegabile che ci sia stato un errore di comunicazione generale. Ci sono state valutazioni che tante volte sfuggono alla percezione degli esperti. Questi ultimi hanno detto chiaramente e sin dall’inizio che si trattava di eventi avversi estremamente rari. Statisticamente, tra l'altro, presenti per tutti i tipi di vaccino (i dati inglesi su milioni di vaccinati sono illuminanti).

Come si fa a tranquillizzare ora le persone?
Bisogna dire le cose come stanno in maniera trasparente: tutti i vaccini attualmente disponibili e autorizzati sono efficaci al cento per cento per prevenire il Covid, le ospedalizzazioni e i decessi. Il messaggio è chiaro: solo se sei vaccinato sei protetto. Non dimentichiamo un altro aspetto importante.

Quale?
Che le malattie trombotiche sono la terza causa di patologia cardiovascolare. Una malattia frequente nella popolazione con il crescere dell’età.

Quando l’Ema dice che i benefici sono maggiori dei rischi, però, non manda un messaggio che spaventa?
Assolutamente no. Non esiste il rischio zero in alcuna attività umana. Nel caso specifico, poi, gli effetti collaterali seri sono, appunto, straordinariamente rari. Il cittadino deve esser tranquillo e sicuro, deve vaccinarsi consapevole che se si sottrae non è protetto contro il Covid. E questo sì che mette a rischio la sua salute.

Può spiegare, infine, alle persone come mai alcuni vaccinati hanno contratto ugualmente il virus?
L’immunizzazione dopo la prima dose è parziale. C’è bisogno di un paio di settimane di tempo perché l’organismo produca la protezione. Alcune persone si sono infettate, quindi, o subito prima della vaccinazione o subito dopo. I dati pubblicati mostrano l’efficacia protettiva sul campo dei vaccini Covid 19 e i Paesi dove le vaccinazioni stanno procedendo a ritmi serrati provano che il numero dei contagi cala e quello dei decessi si riduce moltissimo. A dimostrazione che i vaccini funzionano bene e proteggono.

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